Analisi del sonetto
In principio era buio, e buio fia
di Luigi Pulci





LETTURE







CARRAI, Confessione, pp. 184-185


La difesa di Luigi vale la pena di essere illustrata un po' più estesamente. La pietra dello scandalo, come si ricava da Morgante, XXVIII 42 8, dove il Pulci ne cita l'incipit, era stato il sonetto rinterzato In principio era buio, e buio fia, rivolto all'amico Benedetto Dei:

        In principio era buio, e buio fia.
     Hai tu veduto, Benedetto Dei,
     come sel beccon questi gabbadei,
     che dicon ginocchion l'ave Maria!
        Tu riderai in capo della via,
     che tu vedrai le squadre de' Romei
     levarsi le gallozze e gli agnusdei
     e tornar a cercar dell'Osteria.
        Ma il piacer fie di queste capperucce,
     e di certe altre ave Marie infilzate,
     che biascian tutto dì come bertucce.
        O pecorelle mie, zoppe e sciancate,
     che credete lassù salire a grucce,
     e nespole parer poi 'ncoronate,
               le porte fien serrate,
     e tutte al buio indietro torneranno,
     e in bocca al Drago tuo si troveranno.
               E fia ben male il danno
     ma, a mie parere, ancor peggio le beffe.
     Torbo, accia, accia, e mazeri bizeffe.

Si noterà che, se la fronte del sonetto mette in ridicolo «le squadre de' Romei», ovvero i gruppi di pellegrini in viaggio verso Roma, certo in occasione del giubileo del 1475, che non disdegnavano di finir la giornata in osteria, dal v. 9 in poi il poeta se la prende piuttosto con altri e ben più responsabili «gabbadei», vale a dire con i frati (chiamati «capperucce»), per i quali il pellegrinaggio si rivelava veramente un «piacer» o, secondo la variante del ms. Trivulziano 965, una «festa». Cosicché i vv. XXVIII 43 7-8 del Morgante «e se pur vane cose un tempo scrissi, / contra hypocritas tantum, pater, dissi» – che sembrano ispirarsi a tutta una tradizione di pamphlets antimonastici, dall'Oratio in Hypocritas del Bruni al dialogo Contra Hypocritas di Poggio – andranno interpretati come una difesa del sonetto: 'se un tempo ho composto poesie poco pie, l'ho fatto soltanto per colpire la falsità dei religiosi'. Non senza alludere, probabilmente, anche al fatto che se aveva messo alla berlina le dispute circa l'immortalità dell'anima indirizzando a Pandolfo Rucellai il citato Costor che fan sì gran disputazione – l'aveva fatto non per contestare la validità di quel dogma, bensì per colpire la setta dei neoplatonici.




ORVIETO, I sonetti di parodia religiosa, in O.M., pp. 194-196 (195)


[...] Benedetto Dei è invece direttamente coinvolto nel sonetto In principio, a lui indirizzato e, come sembra di capire dal citato passo del Morgante, la vera e propria pietra dello scandalo, non tanto per la grottesca caricatura dei «romei», dei pellegrini che si recavano in processione a Roma per il giubileo del 1475, quanto per l'incipit che sintetizza in una formula di dichiarato ateismo lo stesso esordio della Bibbia (Genesi, 1-3: «In principio Dio creò il cielo e la terra ... Dio disse: "Sia luce!". E la luce fu»), invalidando perciò la stessa credibilità in blocco delle sacre scritture. Polemica e berta erano degenerate in eresia, e ne approfittarono i «preti» avversari: Matteo Franco (nella sua celebre lettera al Magnifico del gennaio 1476 chiama Luigi «seminator di scandoli») e, con ben altra autorità, Marsilio Ficino (per i passi delle lettere in cui il Ficino si lamenta delle nefandezze «vomitate» contro Dio dal Pulci, cfr. Pulci medievale, cit., pp. 235-37; ma sullo scandalo in genere cfr. P. ORVIETO, Uno scandalo del '400: Luigi Pulci ed i sonetti di parodia religiosa, in «Annali d'italianistica», 1, 1983, pp. 19-33).



[25 settembre 1995]


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