Analisi del sonetto
In principio era buio, e buio fia
di Luigi Pulci





SINTASSI







SINTASSI DEL PERIODO


  • 1 In principio era buio, e buio fia.
    • Periodo coincidente con l'endecasillabo, bipartito in due coordinate; la congiunzione e fa da cerniera in un chiasmo («era buio, e buio fia»).

  • 2 Hai tu veduto, Benedetto Dei, / 3 come sel beccon questi gabbadei, / 4 che dicon ginocchion l'avemaria?
    • Principale + subordinata (1º) interrogativa indiretta + subordinata (2º) alla subordinata relativa. Le frasi coincidono con gli endecasillabi.
      • P Hai tu veduto, Benedetto Dei,
        • S1 come sel beccon questi gabbadei,
          • S2 che dicon ginocchion l'avemaria?

  • 5 Tu riderai in capo della via, / 6 ché tu vedrai le squadre de' romei / 7 levarsi le gallozze e gli agnusdei / 8 e tornare a cercar dell'osteria.
    • Principale + subordinata (1º) causale + subordinata (2º) oggettiva implicita + coordinata alla subordinata oggettiva.
      • P Tu riderai in capo della via,
        • S1 ché tu vedrai
          • S2 le squadre de' romei / levarsi le gallozze e gli agnusdei
          • C e tornare a cercar dell'osteria.

  • 9 Ma il piacer fie di queste capperucce, / 10 e di certe altre avemarie infilzate, / 11 che biascion tutto dì come bertucce.
    • Principale + subordinata (1º) relativa
      • P Ma il piacer fie di queste capperucce, / e di certe altre avemarie infilzate,
        • S1 che biascion tutto dì come bertucce.

  • 12 O pecorelle mie, zoppe e sciancate, / 13 che credete lassù salire a grucce, / 14 e nespole parer poi 'ncoronate!
    • Principale (ellittica) + subordinata (1º) relativa + subordinata (2º) dichiarativa + coordinata alla subordinata (2º) dichiarativa
      • P O pecorelle mie, zoppe e sciancate,
        • S1 che credete
          • S2 lassù salire a grucce
          • C e nespole parer poi 'ncoronate!

  • 15 Le porte fien serrate, / 16 e tutte al buio indietro torneranno, / 17 e in bocca al drago tuo si troveranno, // 18 e fia ben male il danno / 19 ma, a mie parere, ancor peggio le beffe.
    • Principale + coordinata alla principale + coordinata alla principale + coordinata alla principale + coordinata ellittica alla principale
      • P Le porte fien serrate,
      • C e tutte al buio indietro torneranno,
      • C e in bocca al drago tuo si troveranno,
      • C e fia ben male il danno
      • C ma, a mie parere, ancor peggio le beffe.

  • 20 Thaibo, accia, accia, e nasserì bizeffe.
    • Il ricorso a una lingua cifrata – probabilmente gergale – genera una struttura nominale, priva di un verbo identificabile; solo per il secondo emistichio è possibile supplire con una congettura che abbia qualche fondamento: 'ciò che conta è avere soldi a palate', secondo una morale di frequente attestazione nella poesia per gioco. La struttura sintattica (fatta eccezione per l'assenza di una forma verbale esplicita) risulta analoga a quella del v. 1, con la congiunzione e che lega i due emistichi.



SINTASSI DELLA PROPOSIZIONE


  • 1 In principio era buio, e buio fia.
    • La costruzione inversa della prima frase dipende direttamente dal modello biblico («In principio erat Verbum...»). L'inopinata sostituzione del buio al Verbum genera sorpresa e straniamento.

  • 2 Hai tu veduto, Benedetto Dei, / 3 come sel beccon questi gabbadei, / 4 che dicon ginocchion l'avemaria?
    • L'inversione del v. 2, dipendente dalla forma interrogativa, favorisce una intonazione di carattere colloquiale. Anche l'inversione del v. 3 dipende da una costruzione interrogativa (indiretta, in questo caso), ma contribuisce all'espressività del costrutto mettendo in risalto i due elementi principali, verbo e soggetto (beccarselo - gabbadei: due lessemi fortemente connotati, in particolar modo il primo, brachilogico), divaricati ai limiti del verso.

  • 5 Tu riderai in capo della via, / 6 ché tu vedrai le squadre de' romei / 7 levarsi le gallozze e gli agnusdei / 8 e tornare a cercar dell'osteria.
    • Tendenza all'isocolia, suggerita dalla costante collocazione del verbo ad inizio di frase e di verso, secondo una scansione binaria (nel primo binomio il fenomeno è accentuato dalla rima interna [e ricca]: - rai : -rai):
      • 5 – Tu riderai...
      • 6 – ché tu vedrai...
      • 7 – levarsi...
      • 8 – e tornare...

  • 9 Ma il piacer fie di queste capperucce, / 10 e di certe altre avemarie infilzate, / 11 che biascion tutto dì come bertucce.
    • Il v. 9 si caratterizza per la presenza di una forte brachilogia: «Ma il piacer fie di queste capperucce», cioè 'ma [quelle che, facendoci ridere di più, ci daranno maggiore] piacere saranno queste pinzochere'.

  • 12 O pecorelle mie, zoppe e sciancate, / 13 che credete lassù salire a grucce, / 14 e nespole parer poi 'ncoronate!
    • La proposizione principale esclamativa consente una ellissi di notevole efficacia espressiva.

  • 15 Le porte fien serrate, / 16 e tutte al buio indietro torneranno, / 17 e in bocca al drago tuo si troveranno, // 18 e fia ben male il danno, / 19 ma, a mie parere, ancor peggio le beffe.
    • Il montaggio paratattico, enfatizzato dall'insistito polisindeto e dalla versificazione lineare, esalta la spietata sentenza di condanna, espressa da una serie martellante di verbi al futuro (un imperativo futuro, se così si potesse dire).

  • 20 Thaibo, accia, accia, e nasserì bizeffe.
    • E` praticamente impossibile dipanare la sintassi interna (in apparenza nominale).




OSSERVAZIONI


Le unità periodali – come del resto è prevedibile – coincidono sostanzialmente (una volta operate le modifiche di cui si dice nell’analisi del testo) con le unità strutturali. Non coincidono, invece, con le macrostrutture metriche (quartine e terzine), principalmente per le presenza in testa e in coda di due periodi corrispondenti a un solo verso. Per ulteriori considerazioni su di ciò si rinvia alle osservazioni sulla struttura.

La sintassi della proposizione, se si eccettua l'indecifrabile verso di chiusura, di apparente costruzione nominale, mostra due zone di registro discordante. In entrambe, in verità, gli elementi comuni prevalgono sugli aspetti divergenti. In entrambe, infatti, la sintassi della frase si rivela di semplice architettura, con proposizioni accorciate che tendono a coincidere con il verso e quindi ad assicurare una regolare scansione di pause ritmiche e metriche, una rassicurante puntualità di misure. In entrambe, inoltre, la concertazione quasi sempre naturale dei costrutti (il tasso normale di soluzioni anastrofiche [o di veri e propri iperbati] proprie della versificazione è qui decisamente abbassato) agevola una lettura confidente: le eccezioni sono dovute alla pressione di una "fonte" ricalcata («1 In principio era buio, e buio fia»), al normale sviluppo di frasi interrogative (dirette o indirette: «2 Hai tu veduto, Benedetto Dei, / 3 come sel beccon questi gabbadei [?]»), alla ricerca di un effetto d'enfasi che produca una sottolineatura espressiva secondo un procedimento tutt'altro che estraneo alla lingua parlata («13 che credete lassù salire a grucce, / 14 e nespole parer poi 'ncoronate»; «16 e tutte al buio indietro torneranno, / 17 e in bocca al drago tuo si troveranno»).

I fattori discriminanti delle due zone sintattiche appartengono più al campo dell'espressività e dell'intonazione che a quello della strutturazione logica della frase.

La zona principale occupa – fatta eccezione per l'incipit – il corpo principale del sonetto (vv. 2-14):

      2  Hai tu veduto, Benedetto Dei,
      3  come sel beccon questi gabbadei,
      4  che dicon ginocchion l'avemaria?
      5     Tu riderai in capo della via,
      6  ché tu vedrai le squadre de' romei
      7  levarsi le gallozze e gli agnusdei
      8  e tornare a cercar dell'osteria.
      9     Ma il piacer fie di queste capperucce,
     10  e di certe altre avemarie infilzate,
     11  che biascion tutto dì come bertucce.
     12     O pecorelle mie, zoppe e sciancate,
     13  che credete lassù salire a grucce,
     14  e nespole parer poi 'ncoronate!

(Si faccia attenzione che qui non si parla della strutturazione del testo, ma della distribuzione dei fenomeni sintattici: la struttura del sonetto ha una diversa articolazione).

In questa zona (in cui l'ipotassi prevale sulla paratassi) il registro espressivo suggerisce un'intonazione confidenziale: non a caso la sezione, racchiusa fra un'interrogativa e un'esclamativa, si apre e si chiude con due vocativi, che associano in una mossa di comune confidenza l'amicizia (reale) per Benedetto Dei e la familiarità (mentita e nella sostanza derisoria) con i giubilanti. E l'invito è proprio quello del riso, del «piacere» in comune. In coincidenza con tutto ciò la lingua è letteralmente farcita di locuzioni idiomatiche: una fraseologia familiare e demotica (ad alto tasso metaforico) fitta di sottintesi e ammiccamenti.

L'altra zona copre l'incipit e le code:

      1     In principio era buio, e buio fia.
            .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .
     15                 Le porte fien serrate,
     16  e tutte al buio indietro torneranno,
     17  e in bocca al drago tuo si troveranno,
     18                 e fia ben male il danno,
     19  ma, a mie parere, ancor peggio le beffe.
     20  Thaibo, accia, accia, e nasserì bizeffe.

In questa zona l'ipotassi dilegua: a prescindere dal costrutto apparentemente nominale dell'ultimo verso, domina incontrastata la paratassi, sviluppandosi in un martellante polisindeto. Dilegua in parallelo la fraseologia idiomatica, dilegua la metafora. L'intonazione confidenziale si restringe a quell'«in bocca al drago tuo» del v. 17, che traduce un accenno di complice intesa nell'immagine spaventosa dell'inferno (ma – se si vuole – anche la lingua cifrata della chiusa presume una forma di complicità, anzi un condiviso codice esoterico). La profezia dell'universale dannazione pretende – nel suo principale sviluppo – un azzeramento dei fattori linguistici di più viva e brillante efficacia, ma non certo un azzeramento dell'espressività. La serialità insistita della paratassi ha una sua perentoria energia, una scansione crudele di nerbate sul curvo groppone dei disciplinati.



[25 settembre 1995]


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